Il re di Monteoliveto

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Avete presente la piccola statua istallata su una grande vasca monumentale di fontana in piazzetta Monteoliveto di fronte al palazzo della facoltà di architettura a Napoli?

Essa appartiene ad un re, ma non un re normale, un piccolo e sfortunato re che aveva l’unica colpa di essere discendente di una stirpe di consanguinei.

Dalla statura piccola, dallo sguardo triste e vago, a vederlo fa quasi tenerezza nonostante la sola visione della statua non lascia intravedere i suoi patimenti.

Carlo II di Spagna, soprannominato “Carlo lo Stregato” , era re di Spagna e dell’impero d’oltremare di Spagna, Sicilia e Sardegna, duca di Milano, sovrano dei Paesi Bassi spagnoli, conte palatino di Borgogna e re di Napoli.

Per quanto nato già debole e malaticcio, la sua nascita fu accolta con grande gioia, dal momento che l’altro erede era morto a 4 anni, cinque giorni prima che Carlo nascesse, e prima di lui erano deceduti altri eredi a soli 17 anni.

Sin dalla nascita sembrava essere estremamente debole, un’eruzione erpetica sulle guance, la testa completamente coperta di croste, incapace di parlare fino all’età di quattro anni, né di camminare fino a otto anni, e fu trattato come un bambino piccolo fino all’età di dieci anni.

Era sovente colpito da fortissimi attacchi di emicrania, epilessia e da continue malattie di carattere influenzale, per questo motivo egli è passato alla storia come lo Stregato.

Recenti studi medici hanno dimostrato che, invece, la cattiva salute del re dipendeva principalmente dalla pratica di contrarre matrimoni tra consanguinei all’interno della dinastia degli Asburgo, molto frequente era il matrimonio tra primi cugini o tra zio e nipote, finalizzata a non disperdere i territori asburgici

La madre di Carlo, Marianna d’Austria, era figlia di Maria Anna di Spagna, che era però anche sorella di Filippo IV di Spagna, il quale, a sua volta, era padre di Carlo.

Dunque, Filippo IV e Marianna d’Austria, genitori di Carlo, erano rispettivamente zio e nipote, mentre Maria Anna di Spagna era contemporaneamente zia paterna e nonna materna di Carlo.

Quest’ultimo, quindi, aveva quattro bisnonni al posto di otto e sei trisnonni invece di sedici.

La teoria maggiormente seguita attribuisce il suo rachitismo, la sua debolezza mentale e la sterilità alla sindrome di Klinefelter, ma oltre a questa il re soffriva di un marcato progenismo mandibolare, presente in molti membri della famiglia e per questo detto mento asburgico, che impediva all’arcata superiore e inferiore dei denti di incontrarsi, rendendogli estremamente difficile la parola e la masticazione.

Infine i tratti marcati del volto hanno suggerito la possibilità che fosse affetto da acromegalia, mentre le frequenti gastriti e i conati di vomito possono essere ricondotti al fatto che fosse malato di acidosi tubulare renale.

Il nunzio apostolico in Spagna, dopo aver incontrato il sovrano all’età di vent’anni circa, così riportò:

«Il re è più basso che alto, malformato, ha il viso sgraziato, il collo lungo e il viso allungato e piegato verso l’alto, il labbro tipico della casa d’Asburgo, occhi molto grandi, di colore turchese ed una pelle fine e delicata. I capelli sono lunghi e biondi, portati all’indietro in modo da esporre le orecchie. Non è possibile raddrizzare il suo corpo ma, quando cammina, si appoggia su di un tavolo a muro, o qualcosa d’altro. Il suo corpo è debole come la sua mente. A volte dà segni di intelligenza, memoria e di vivacità, ma non ora, sembra lento e non risponde, maldestro, pigro, con l’espressione stupita. Si può fare ciò che volete, non ha volontà propria»

Gli storici statunitensi William e Ariel Durant aggiunsero: “Basso, zoppicante, epilettico, precocemente anziano e completamente calvo prima dei 35 anni, era sempre vicino alla morte”.

Alla soglia del 1700 le condizioni fisiche di Carlo II precipitarono: il sovrano deperiva costantemente e divenne quasi cieco, soffriva di febbri continue, idropisia, astenia, debolezza intestinale mentre gli attacchi epilettici e gli spasmi aumentavano di intensità, senza che le inadeguate cure mediche, quali porre piccioni appena uccisi sul capo e applicare viscere di mammiferi calde sul ventre, gli portassero giovamento.

Conscio della sua fine imminente, diede ordine di aprire i sarcofaghi degli antenati e, vedendo il corpo, conservatosi intatto, della sua prima moglie Maria Luisa d’Orléans, vi rimase accanto piangendo per una notte intera.

Dal 20 settembre il re rimase confinato nel suo letto, incapace di alzarsi, e il 3 ottobre, quando gli fu presentato il testamento che i redattori avevano compilato secondo le sue volontà, affinché lo firmasse, esclamò “Dio solo è colui che dà i regni, poiché solo a Lui appartengono” per poi sospirare:

«Ora non sono niente»

Morì per un colpo apoplettico, aveva un cuore dalle dimensioni di un grano di pepe, i polmoni corrosi, gli intestini cancerosi, tre grossi calcoli in un rene, un solo testicolo, nero come il carbone e la testa piena d’acqua.

Morì e fu sepolto a Madrid mentre a Roma si tenne un funerale regio con il solo cenotafio.

Vennero celebrate solenni esequie commemorative, o funerale regio, presso la basilica di Santa Maria Maggiore: sopra un catafalco di quattro piani, riccamente decorato, stava il cenotafio di Carlo II, rappresentato da un’urna sepolcrale in broccato d’oro sormontata da una fastosa corone reale dorata.

La solenne messa fu officiata dal Vescovo di Cartagena monsignor Spagnuolo, mentre l’orazione funebre venne declamata in latino dal reverendo padre Carlo d’Aquino della Compagnia del Gesù.

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