Se ti appassiona leggere libri clicca qui


Presentazione:
Un romanzo da una trama intensa e drammatica che segue le vicende di Giulio Bossi, un giovane avvocato che perde tutto per amore di una ragazza, Elvira.
Partendo da una brillante carriera a Milano, Giulio abbandona la sua vita per aiutare Elvira e suo fratello, due orfani in difficoltà.
Durante il viaggio in una nave verso l’America, colma di emigranti, Giulio si rende conto di essere stato tradito e manipolato da Elvira, che si interessa più al lusso e alla compagnia dei ricchi.
Questa delusione lo porta a riflettere sulle difficoltà e sulle ingiustizie che i poveri e gli emigranti devono affrontare, immerso in un contesto in cui le tensioni sociali e la lotta di classe si fanno sempre più evidenti.
- Capitolo
Era scesa la sera ma il caldo continuava non addolcito da un soffio di vento.
In compenso, un gran chiaro di luna spandeva il suo latte sulle acque calme dell’oceano ed invitava le anime contemplative ai patetici colloqui.
Il piroscafo solcava le onde lentamente, dondolandosi come un enorme mostro sonnacchioso.
Niente in vista.
Cielo ed acqua, l’infinito misterioso e pauroso che la temerietà, più che il coraggio dell’uomo, osava sfidare.
Che cos’era quell’immenso congegno di legno e di ferro di fronte all’abisso in cui si avventurava? Un punto nero.
Che cos’era l’uomo, che tanto ne era orgoglioso? Un atomo, un nulla.
Un forte respiro dell’oceano avrebbe inghiottito lui e la sua nave, senza sentirli, senza lasciarne più traccia di quanta ne lascia un insetto che l’elefante aspira nella sua potente proboscide.
Eppure, anche così sospesi fra due abissi, anche così abbandonati alla mercè della natura più che mai visibile e minacciosa, gli uomini non si spogliavano della loro ridicola superbia, pur lanciati nello spazio, in balia d’un colpo di vento, essi non si stringevano gli uni agli altri, col legame della comune sorte, ma badavano ancora sempre, ad odiarsi, a dilaniarsi, col malvagio istinto delle piccole bestie cattive.
Ed era così che il “Vespucci” portava al suo bordo novecento individui, che non guardavano l’oceano, ma frugavano nel proprio cuore per spremerne il veleno ed iniettarlo nel cuore del prossimo.
Piacevole occupazione, questa, cui l’uomo sembra particolarmente addestrato.
I passeggieri di Prima Classe erano in festa quella sera, e nel grande salone, sfolgorante di luce, il caldo era vinto dai numerosi ventilatori.
Nella sala di Seconda Classe un pianista molto chiomato offriva un concerto di musica classica, mettendo a dura prova la pazienza degli ascoltatori che cercavano invano d’intenerirsi a quella tempesta di suoni, a quella grandine fitta di note, che compongono le più difficili sonate dei grandi autori.
Molto animata appariva la coperta, dove formicolava la folla degli emigranti.
Sdraiati sul legno, a gruppi, famiglie vere e famiglie d’occasione, ciarlavano a voce alta degli argomenti più vari, dandosi noia scambievolmente, con la tranquilla indifferenza cui dà diritto la promiscuità della sentina di bordo.
Quattro napoletani giocavano a tressette gridando i punti, talvolta urlandoli addirittura, e confondevano le loro invocazioni a San Gennaro, con i sacramenti che spesseggiavano fra alcuni piemontesi intenti a giocare a tarocchi.
Altrove si ballava al suono sguaiato di un organino a fiato, in cui un robusto giovanotto soffiava con impegno gonfiando spropositatamente le gote.
I ballerini accompagnavano la debole musica col fischio o battendo le mani palma a palma, si esaltavano girando vertiginosamente come trottole e, spesso, scivolavano sul pavimento lubrico e cadevano goffamente fra le risa e le beffe dei curiosi.
Lontano, in un crocchio di giovani e di ragazze, si cantava una patetica canzone, il cui ritornello, intonato in coro, era di un’accasciante monotonia!
- “Oh amore! amore! amore!”
Una gran folla di uomini si stringeva intorno a un individuo alto, magro, dai capelli e dagli occhi neri e lucidi.
Era un tribuno.
Ritto su una vecchia cassa di biscotti, gesticolava furibondo e, additando di tratto in tratto con gesti energici i reparti della Prima e della Seconda Classe, dipanava un vibrato discorso in cui ricorrevano spesso le seducenti parole di Libertà, Giustizia, e soprattutto, uguaglianza!
Tutta quella gente era poco vestita e ancor meno pulita.
Odori d’ogni genere, assolutamente non graditi, spiravano da quell’armento umano, da quei corpi che, da alcuni giorni, si stemperavano in sudore sulle fetide cuccette di notte, e sul legno della coperta, di giorno.
Ogni tanto dai diversi gruppi, si rizzava precipitosamente una triste figura di donna e, barcollando, correva a pagare il tributo all’oceano vomitando, altre trovavano più comodo pagarlo alla nave e, senza riguardo, se ne sbarazzavano in presenza dei parenti e degli amici.
Altre, infine, si affannavano invano, con le dita in gola, e, dopo una serie di suoni poco armoniosi, si abbandonavano fiaccamente sull’impiantito, irrigidendosi, con le vesti scomposte, la bocca viscida, in un’assoluta rinuncia alla decenza e al pudore.
Dal ponte di comando appariva ogni tanto il berretto gallonato del capitano che si soffermava qualche minuto a considerare quel suo popolo, su cui lanciava poi, con sublime indifferenza, un getto di saliva ingiallita dalla cicca.
Il chiasso, il frastuono di tante voci confuse, era vinto dagli urli dei giocatori che affermavano i loro punti e dal coro che cantava l’affliggente romanza…
- “Oh amore! amore! amore!”
E su tutta quella miseria galleggiante pendeva, come un frittellone, la luna gioconda.
Continua a leggere:
Capitoli 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27