La nascita di “Piazza del Gesu nuovo”

 

“PIAZZA DEL GESU’ NUOVO” NON ERA NEAPOLIS

L’area della neapolis greca, quella dei decumani e dei cardini per intenderci, oggi è quella che va piu di moda tra gli estimatori della storia antica di Napoli, questo perché basta camminare, per le sue strade e i suoi vicoli, con un po’ di immaginazione, che sembra di fare un salto indietro di migliaia di anni.

La zona più rappresentativa della storia dei vecchi Decumani è senz’altro l’area circostante l’obelisco dell’Immacolata, ovvero la rinomata e leggendaria piazza del Gesù Nuovo.

Al contrario di quando si possa però supporre, la zona menzionata non rientrava nella vecchia Neapolis greca ma, anzi, ne era distintamente fuori di ben trecento metri.

Infatti il tracciato delle mura occidentali della prima Neapolis, partivano dal promontorio di Caponapoli, la parte piu alta di piazza Cavour nei pressi del museo, da dove si accedeva tramite la “porta Romana” nei Decumani superiori, e scendevano lungo via Costantinopoli incrociando prima piazza Bellini e san Pietro a Maiella (decumano centrale) con l’accesso da “porta Puteolana”, e quindi arrivavano a piazza san Domenico Maggiore dove attraverso “Porta Cumana” si accedeva al decumano inferiore, per poi proseguire lungo via Mezzocannone tenendo fuori alla cinta muraria tutto ciò che era al di là di san Domenico Maggiore verso via Toledo.

Lì dove ora sono rari gli alberi, fuori della città greco romana, esisteva una zona ricca di orti e giardini che seguivano la dolce pendenza dell’odierna via Toledo, e boschetti che si inerpicavano per il colle abbrutito, da ormai mezzo millennio, dai Quartieri Spagnoli.

Oggi sono tanti i manufatti presenti in zona che i turisti immortalano tra i loro ricordi e che ci parlano della sua storia, ed ognuno di essi ci racconta di un’epoca diversa.

Nello spazio di quasi un millennio, in pochi metri quadri, sono stati creati pezzi di storia, di arte, di leggende e di racconti che hanno fatto di una piazza uno dei maggiori simboli di un sito dichiarato dall’ Unesco ” patrimonio dell’umanità”; ma guardiamo, seguendo un ordine cronologico, come è nata la…”zona del Gesù”.

La prima costruzione di una certa rilevanza, in uno spazio dalla forma ancora non ben definito, agli albori del secondo millennio, fu il monastero di Santa Chiara, voluto da Roberto d’Angiò e sua moglie Sancia di Maiorca, quest’ultima devota alla vita di clausura.

I lavori di costruzione si avviarono nel 1310 per poi terminarli nel 1328, aprendo al culto definitivamente nel 1330 seppur la consacrazione a Santa Chiara avverrà solo nel 1340; è chiaro che da allora modifiche ne sono state fatte tante, in origine in espansione fino all’ultimo secolo,periodo durante il quale il clero cominciò a perdere, oltre la sua autorità, anche molte proprieta’ .

L’ultima modifica della struttura monasteriale fu causata dal bombardamento della chiesa, durante la seconda guerra mondiale.

Questo distrusse tutta la copertura causando un incendio che durò piu giorni e in cui andarono distrutte numerose opere d’arte.

Dopo Sancia di Maiorca, nel 1381 fu un altra regina a volere una chiesa in zona, Margherita di Durazzo, moglie di Carlo III di Durazzo e mamma di re Ladislao.

Dopo anni di sanguinose battaglie contro il pretendente al trono Luigi II d’Angiò, la regina fece costruire la chiesa di santa Marta, di fronte Santa Chiara, ad angolo di via san Sebastiano, in onore della santa, molto venerata in Provenza, la terra natia della regina.

Durante la rivolta di Masaniello, nel 1647, la chiesa fu saccheggiata e danneggiata gravemente dai rivoltosi. A seguito di un incendio, infatti, la chiesa andò quasi del tutto distrutta. Fu ricostruita solo nel 1650 e subì nuovi interventi di restauro nel 1715.

Quasi  un secolo dopo dalla sua costruzione, nel 1470, quasi al suo fianco e di fronte il monastero di Santa Chiara, venne edificato un palazzo nobiliare, dalla originale facciata rivestita a bugne, all’epoca il più bello della città.

Nel suo interno aveva un immenso giardino  con una meravigliosa fontana e ricchi decori rinascimentali, esso apparteneva alla famiglia Sanseverino, nota per le sue ricchezze immense e la potenza che rivaleggiava con quella del re, Ferrante d’Aragona.

Il palazzo era celebre per la bellezza dei suoi interni, le sale affrescate e lo splendido giardino, oltre ad essere un punto di riferimento per la cultura napoletana.

Per dare ancor di più prestigio al loro palazzo, nel 1510 i Sanseverino acquistarono lo spazio antistante l’edificio, già di proprietà di Santa Chiara, per lasciarlo inedificato e spianarlo sistemandolo a piazza e creando quella scenografia di grandeur della famiglia che si sentiva al livello dei regnanti del tempo.

Nel 1547 , con l’appoggio dei Sanseverino, Il popolo si ribellò all’inquisizione del regime spagnolo il quale, una volta sedata la sommossa, come reazione all’ostilità della ricca famiglia, ne confisco’ tutti i beni e obbligò nel 1552 i suoi piu potenti rappresentanti ad andare in esilio obbligandoli ad abbandonare i loro possedimenti, compreso il palazzo.

Nel 1584, il sontuoso palazzo con i suoi giardini, fu venduto ai gesuiti che lo trasformarono completamente non risparmiando né le splendide sale né i giardini.

Le uniche parti che si salvarono furono la facciata a bugne (riadattata a chiesa) ed il portale marmoreo rinascimentale, nacque cosi la “chiesa del Gesù Nuovo“.

Fu comune volontà, in seguito, dei grandi proprietari attigui al largo, di lasciare la piazza libera e inedificata per dare respiro alle rispettive dimore diventando uno snodo di collegamento tra il centro antico e le nuove espansioni.

Infine, al centro della piazza, si decise di collocarvi la statua equestre del re di Spagna Filippo V andata poi distrutta nei moti popolari del Seicento.

Al suo posto, nel 1705, venne costruito,
in asse visivo con la fontana di Monteoliveto del 1668, l’obelisco dell’Immacolata, commissionato dai Gesuiti per rivaleggiare con la guglia di San Domenico Maggiore a 300 metri di distanza sullo stesso decumano e nell’omonima piazza, voluta dai Domenicani.

Nel 1768 i Gesuiti vennero espulsi dal regno di Napoli per cui la chiesa cambiò nome in Trinità Maggiore e la piazza prima diventò piazza Santa Chiara e poi anch’essa piazza Trinità Maggiore.

Dopo il 1900, con il ritorno dei gesuiti, sia la Chiesa che la piazza ripresero il nome originario di Gesù nuovo e la conformazione del largo prese definitivamente quella attuale, oltre la chiusura dello spazio antistante il monastero di santa Chiara usato fino a pochi decenni fa, come parcheggio auto.

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