Re Carlo di Napoli e “l’Albergo dei Poveri”

Re Carlo di Napoli

Vi racconterò dello storico “Albergo dei Poveri” di Napoli, ovvero del grandioso “Palazzo Fuga”, una delle piu grandi costruzioni settecentesche d’Europa ma, è talmente rilevante l’idea di aver creato un’opera del genere, che è d’obbligo raccontarvi, prima, del Sovrano che la concepì, colui che, pur non essendo napoletano, amò Napoli a tal punto da volerla far diventare, a qualunque costo, una delle principali capitali del mondo!

Carlos Sebastián de Borbón y Farnesio, Madrid, 20 gennaio 1716 –Madrid, 14 dicembre 1788, alias Carlo I dal 1731 al 1735, alias re delle Due Sicilie senza numerazioni dal 1735 al 1759, e dal 1759 fino alla morte re di Spagna con il nome di Carlo III.

Fu il primogenito di Filippo V di Spagna, ma solo della seconda moglie, quindi non avente diritto direttamente alla successione al trono spagnolo e, per questo, sua madre si dovette adoperare per dargli una corona in Italia rivendicando l’eredità dei Farnese e dei Medici, due dinastie italiane prossime all’estinzione.

Egli, nel 1734, al comando delle armate spagnole, in occasione della guerra di successione polacca, conquistò i regni di Napoli e di Sicilia sottraendoli alla dominazione austriaca e, l’anno successivo, fu incoronato re delle Due Sicilie a Palermo venendone riconosciuto, da tutte le potenze europee, come legittimo sovrano e, in quegli anni, le speranze riposte in lui erano tali da rendere diffusa la convinzione che avrebbe unificato l’intera penisola e assunto il titolo di re d’Italia.

Con re Carlo la città partenopea vide importanti segni di progresso in numerosi settori, fisco, commercio, difesa, economia, ecc., ma soprattutto in quello edilizio con un ambizioso programma di opere urbanistiche ed architettoniche fino a quando, nel 1759, lasciò Napoli per assumere la corona di Spagna.


Le sue “creazioni”

Prima di tornare sul suolo natìo, furono tante le testimonianze che ci lasciò di sovrano illuminista, e che ancora maestosamente ci ricordano di lui, come la costruzione di un grande teatro d’opera che, nel 1737 sostituì il Teatro San Bartolomeo e, in suo onore e nella ricorrenza del suo onomastico, prese il nome di Real Teatro di San Carlo.

L’anno seguente commissionò la costruzione della reggia di Portici che, per anni, fu la residenza preferita dei sovrani, e la reggia di Capodimonte, concepita inizialmente come casino di caccia per la vasta area boscosa circostante, poi diventata museo per ospitare inizialmente la collezione Farnese.

Desideroso di dare a Napoli un ruolo di città-capitale a livello mondiale, decise di inaugurare ancora una terza reggia che potesse rivaleggiare in magnificenza e imponenza con la francese Versailles o la viennese Schönbruner e, per motivi di sicurezza, onde evitare improvvisi e devastanti assalti dal mare, fu scelta una località dell’entroterra, Casertavecchia, lontano dal mare e a circa 15 km a nord dalla città, collegandola a quest’ultima attraverso un vialone monumentale rimasto incompiuto, immaginate se fosse stato ultimato fino a Napoli, oggi cosa sarebbe.

E ancora lui, fece realizzare un’altra Reggia, quella di Carditello, voluta come tenuta di caccia ma anche come sede di attività agricole; e poi il Fòro Carolino, oggi piazza Dante, all’epoca chiamata largo del Mercatello, in una delle principali piazze di Napoli, voluta come simbolo del suo potere.

L’ Albergo dei Poveri

La sua visione di grandezza non era solo politica ma anche sociale, e un occhio di riguardo lo ebbe per le categorie indigenti del suo reame, disoccupati, orfani, detenuti minorenni da recuperare socialmente e, per loro, fece costruire un grandioso edificio che il popolo chiamò “albergo dei poveri”, dove avrebbero ricevuto ospitalità, nutrimento ed educazione, e una nuova opportunità nella vita.

I lavori cominciarono nel 1751 e, nonostante venne eseguita solo la quinta parte di quello previsto dal progetto originale (fronte di 600 metri, lato di 135), risultò comunque il fabbricato piu grande dell’Europa dell’XVIII secolo.

Tra le cause della riduzione della sua quadratura, oltre alla notevole cifra necessaria per il completamento, fu l’utilizzo differente che il successore di re Carlo, Ferdinando IV, volle dare al fabbricato.

Non più solo albergo con enormi camerate, ma, le stesse, in numero limitato, e ridotte anche di quadratura, dove poter collocare macchine di diverse produzione manifatturiera.

La nuova funzione principale dell’uso del manufatto servì a garantire lo sviluppo della nascente industrializzazione, attività utile alla rieducazione dei detenuti come leva sul valore terapeutico del lavoro.

Oltre a “rieducare” i piccoli detenuti, si cercò, con questo, di assicurare agli orfani della Santa Casa dell’Annunziata, accolti a partire dal 1802, i mezzi di sussistenza e l’insegnamento di un mestiere che li avrebbero potuti rendere autonomi nella vita quotidiana.

Ma, nonostante tutti questi buoni propositi assistenziali e di recupero, l’Albergo dei Poveri divenne principalmente un vero e proprio carcere, popolarmente definito “serraglio”, dal quale era quasi impossibile uscire, e il largo antistante l’edificio prese lo stesso nome, “largo del Serraglio”.

Nonostante la riduzione della quadratura, la sua enormità dava modo di poter accogliere, nel 1838, anche una Scuola di Musica la quale, istruiti da maestri di elevata fattura, fornì per vari anni suonatori provetti alle compagnie militari.

Vi trovò spazio anche un Centro di Rieducazione con un Tribunale dei minori, dove i piccoli ospiti, sottoposti ad osservazione, selezioni e curati in relazione alle condizioni ambientali ed economiche in cui erano nati e cresciuti, ed alle cause fisiologiche e sociali che ne avevano determinato la devianza, erano avviati al laboratorio d’istruzione ed alla classe professionale dove ricevevano una preparazione tale da essere poi assunti come operai specializzati nelle aziende pubbliche o private.

E per restare in argomento, in parallelo ai carceri e al Tribunale, nel 1938 ospitò alcuni rappresentanti del Congresso internazionale di criminologia.

E poi si avvicendarono, ancora negli anni, una scuola per sordomuti, un cinema, delle officine meccaniche, una palestra, un distaccamento dei Vigili del fuoco e l’Archivio di Stato di Napoli civile.

L’ abbandono

Purtroppo non mancarono eventi disastrosi come quello che avvenne nel 1929 quando si verificò un crollo su via Tanucci, la strada che affianca l’Albergo da piazza Carlo III a piazza G.B. Vico.

Un altro crollo, nel 1943, sembra sia stato provocato da una scossa tellurica che provocò il distacco di alcuni solai dai muri laterali, così come nell’evento sismico del 1980, quando venne giù un’ala adiacente all’Orto Botanico in cui persero la vita alcune donne.

Da allora la proprietà dell’edificio passò al Comune che avviò il restauro nel 1999 ma, dopo una prima e superficiale ristrutturazione esterna della facciata principale, ancora lontani sono i lavori di recupero che potrebbero dare alla secolare creatura di re Carlo, un indirizzo degno della sua storia e della sua importanza.

 

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