La rivolta di Masaniello

PREFAZIONE

Assolutamente arduo e quasi impossibile pretendere di raccontare, in forma sintetica e comprensiva, gli avvenimenti a cui diede vita Masaniello durante la rivolta delle gabelle, nel XVII secolo, tralasciando, nel racconto, la maggior parte degli accadimenti e senza far menzione delle tante persone che ne fecero parte.

Nella vicenda, nonostante sia limitata a pochi giorni, furono coinvolti numerosi personaggi che lasciarono una traccia incisiva nei fatti, e le cui azioni, diedero luogo a continui avvenimenti che si avvicendarono in modo continuato e rocambolesco.

Se questa sintesi vi incuriosirà, leggetene la storia completa, ne varrà sicuramente il tempo che vi spenderete.


INTRODUZIONE

Napoli è la città delle esagerazioni, degli avvenimenti incredibili, degli episodi assurdi e delle circostanze contro ogni logica, in pratica è la città del paradossale.

Lo dimostrano, sopra a tutti, due storici episodi che hanno dell’inimmaginabile, l’istaurazione della Republica Napoletana, che in soli sei mesi sconvolse tutto il mondo partenopeo con migliaia di morti e impensabili lacerazioni sociali all’interno della città, e la rivolta del pescivendolo Masaniello che, in poco meno di due settimane, da semplice pescatore, divenne “imperatore della plebe di Napoli”, morendo “maledetto e osannato” nello stesso momento e dallo stesso popolo che, pochi istanti prima, lo aveva acclamato, dopo essere riuscito ad indebolire il potere, su Napoli, del potente Impero spagnolo, e di questo cercherò di raccontarvi, in sintesi, senza divagazioni storiche, ed in facile lettura.

IL PALCOSCENICO

Lo scenario dell’incredibile avvenimento fu la Napoli del 1600, precisamente piazza Mercato, quando ancora la città era sotto dominio spagnolo e nel periodo in cui si viveva una grave crisi socio-economica.

Correva il secolo in cui la Spagna era immersa in una lunga serie di conflitti rovinosi a livello continentale e, per sostenerne lo sforzo economico, i viceré che si alternavano all’amministrazione cittadina, dovettero aumentare le tasse per finanziare le guerre sempre piu onerose del governo centrale.

Piazza del Mercato era, allora come oggi, un centro commerciale in cui esistevano bancarelle di ogni sorta di merce, palchi da cui si esibivano tanti saltimbanchi e, essendo il principale centro di commercio della città, proprio qui aveva luogo la riscossione delle imposte da parte degli esattori al servizio del governo spagnolo.

MASANIELLO

E proprio in questo contesto abitava Masaniello, la casa dove visse si trovava tra la pietra del pesce, probabilmente nei pressi di Sant’Eligio, nel quartiere Pendino, dove avveniva la riscossione della gabella sui prodotti ittici, e Porta Nolana, dove invece avveniva quella del dazio sulla farina.

Pescatore e pescivendolo come il padre, qualcuno lo descrisse così:

«Era un giovine di ventisette anni, d’aspetto bello e grazioso, il viso l’aveva bruno ed alquanto arso dal sole: l’occhio nero, i capelli biondi, i quali disposti in vago zazzerino gli scendevano giù per lo collo. Vestiva alla marinaresca; ma d’una foggia sua propria, la quale, alla mezzana, ma svelta sua persona molto di gaio e di pellegrino aggiungeva.»

La sua principale attività era il contrabbando, come la moglie Bernardina che fu arrestata per aver introdotto in città una calza piena di farina evadendo il dazio e per questo imprigionata per otto giorni e, per ottenerne il rilascio, Masaniello fu costretto a pagare un riscatto di cento scudi, che racimolò indebitandosi.

LA SCINTILLA

Secondo “legenda”, fu proprio questo episodio a scatenare in lui il desiderio di vendicare la popolazione dagli oppressori e, al il grido di: «Viva ‘o Re ‘e Spagna, mora ‘o malgoverno», Masaniello diede inizio al suo breve regno.

Difatti, le situazioni di “malgoveno” non era mai, a quei tempi, addebitato al governo centrale, ma a chi lo gestiva stando a stretto contatto con il popolo e, in questo caso, ad essere “colpevolizzati, furono il viceré di turno e i nobili, che avevano il compito di riscuotere le gabelle.

Dopo le prime proteste guidate da Masaniello, il peso delle tasse diminuì lievemente ma, in seguito ad una immediata maggiore richiesta di denaro da parte della Spagna, venne reintrodotta una gravosa gabella sulla frutta, all’epoca l’alimento più consumato dai ceti umili.

Da quel momento la protesta cominciò ad incendiare gli animi del popolo sapientemente guidato e gestito da Masaniello che riuscì ad imporsi come unico capopopolo su tutti, e ad amministrare con coraggio e autorità tutte le proteste nei confronti di viceré e nobili sottomettendo ai suoi ordini anche i “lazzari” piu facinorosi richiedendo loro obbedienza pronta e assoluta.

LA RIVOLTA

Il 6 giugno 1647, alcuni popolani, guidati da Masaniello e dal fratello, bruciarono i banchi del dazio a piazza del Mercato.

Domenica 30 giugno, durante le prime celebrazioni per la festa della Madonna del Carmine, il giovane pescatore radunò un gruppo di lazzari vestiti da arabi ed armati di canne come lance e, nel loro passaggio in sfilata davanti al Palazzo Reale, allo scopo di dare autorità alle loro richieste di diminuzione dei dazi, rivolsero ogni genere di imprecazione ai notabili spagnoli affacciati al balcone.

La domenica seguente, il 7 luglio, in seguito ad un contrasto con l’esercito, perse la vita un esponente dei ribelli, e questo scatenò maggiore furia nelle proteste, per cui arringando l’intera popolazione, Masaniello marciò fino alla reggia dove, sbaragliati i soldati spagnoli ed i lanzichenecchi di guardia, giunse fino alle stanze della viceregina.

Dalla sua fuga, il Viceré emanò l’abolizione di tutte le gabelle come da richiesta di Masaniello, fu ratificata l’equa ripartizione delle tasse tra le classi sociali mentre nella notte tra il 7 e l’8 luglio furono puniti tutti coloro ritenuti responsabili degli aumenti, primo fra tutti il colpevole dell’arresto della moglie di Masaniello, a cui fu bruciata la casa nei pressi di Portanova.

La stessa sorte seguirono diversi palazzi nobiliari, le case di ricchi mercanti e quelle di altri influenti oppressori.

Furono poi dati alle fiamme tutti i registri delle imposte e liberati dalle prigioni tutti coloro che erano stati incarcerati per evasione o contrabbando.

Al 10 luglio, la quarta giornata di rivolta, Masaniello contava già molti nemici e, uno di questi, il duca di Maddaloni, allo scopo di attentare alla sua vita, fece entrare in incognito, trecento banditi al suo soldo, nella Basilica del Carmine, ritrovo dei rivoltosi e, dopo la lettura in pubblico dei capitoli del privilegio, i sicari si avventarono contro il capopopolo, ma l’attentato fallì e la folla inferocita catturò ed uccise il loro capo, e altri furono rincorsi e linciati.

Nello stesso giorno arrivarono da Genova, nel golfo di Napoli, delle galee spagnole ma Masaniello, per timore di uno sbarco dei soldati, ordinò che la flotta stesse lontana almeno un miglio dalla terra ferma permettendo, però, di far arrivare sulle navi, provvigioni per l’equipaggio.

In un susseguirsi di avvenimenti giornalieri, giovedì 11 luglio, tra le acclamazioni ed i festeggiamenti dei popolani, Masaniello si recò a Palazzo Reale per incontrare il viceré ma, a causa di un improvviso malore, perse i sensi e svenne, iniziando a manifestare i primi sintomi di quell’instabilità mentale che gli avrebbe poi procurato l’accusa di pazzia.

Dopo l’incontro, durante il quale ci fu anche un vano tentativo di corruzione in cui avrebbe dovuto tradire il popolo per il quale stava lottando, fu nominato Capitano generale del fedelissimo popolo napoletano e, da allora, iniziò a frequentare la corte spagnola, i suoi abiti non erano più quelli di un pescivendolo ma quelli di un nobiluomo, mentre la moglie Bernardina si presentava come “viceregina delle popolane”.

Di lui, questo raccontarono a Papa Innocenzo X:

«Questo Masaniello è pervenuto a segno tale di autorità, di comando, di rispetto e di ubbidienza, in questi pochi giorni, che ha fatto tremare tutta la città con li suoi ordini, li quali sono stati eseguiti da’ suoi seguaci con ogni puntualità e rigore: ha dimostrato prudenza, giudizio e moderazione; insomma era divenuto un re in questa città, e il più glorioso e trionfante che abbia avuto il mondo. Chi non l’ha veduto, non può figurarselo nell’idea; e chi l’ha veduto non può essere sufficiente a rappresentarlo perfettamente ad altri. Non vestiva altro abito che una camicia e calzoni di tela bianca ad uso di pescatore, scalzo e senza alcuna cosa in testa; né ha voluto mutar vestito, se non nella gita dal Viceré.

LA STANCHEZZA

Ma gli avvenimenti a cui il giovane doveva ormai far fronte, erano tanti e di grande responsabilità al punto che la sua mente cominciava a cedere, anche se voce vuole che la presunta pazzia fu causata dalla reserpina, un potente allucinogeno somministratogli durante un banchetto nella reggia.

I segni di squilibrio che manifestò furono numerosi: il lancio del coltello tra la folla, le interminabili galoppate, i tuffi notturni nel mare, l’insistere nel progetto strampalato di trasformare piazza del mercato in un porto e di costruirvi un ponte per collegare Napoli alla Spagna.

Finalmente il 13 luglio, il viceré giurò solennemente sui capitoli del privilegio nel Duomo di Napoli: il popolo era alla fine riuscito ad imporre, grazie a Masaniello, le proprie rivendicazioni al governo spagnolo ma ciò non lo risparmiò dall’ostilità di alcuni suoi ex-compagni di lotta che, di nascosto tramavano la sua eliminazione.

La sua avventura, cosi come la sua mente, arrivò alla fine, il 16 luglio, ricorrenza della Madonna del Carmine, quando affacciato da una finestra di casa sua come spesso faceva, cercò inutilmente di difendersi dalle accuse di pazzia e tradimento che il popolo gli urlava e, sentendosi ormai abbandonato, cercò rifugio nella Basilica del Carmine dove, interrompendo la celebrazione della messa, salì sul pulpito e tenne un ultimo discorso.

Dopo essersi spogliato ed essere stato deriso dai presenti fu invitato a calmarsi dall’arcivescovo e fatto accompagnare in una delle celle del convento dove venne raggiunto da alcuni capitani delle ottine, corrotti dagli spagnoli, che lo uccisero con una serie di archibugiate.

Fu decapitato, trascinato per le strade del Lavinaio, e gettato in un fosso tra Porta del Carmine e Porta Nolana vicino ai rifiuti, mentre la testa fu portata al viceré come prova della sua morte.

Ma così come era prevedibile, il giorno dopo la sua morte, tutte le concessioni ottenute durante la rivolta erano gia svanite e i prezzi degli alimenti furono subito riportati a prima delle proteste.

IL DOPO MASANIELLO

Cosciente dell’errore fatto nel non avere piu fiducia in lui, un gruppo di persone ne recuperò pietosamente il corpo e la testa, che dopo essere stati lavati con l’acqua del Sebeto, furono ricuciti insieme.

Il popolo era di nuovo in tumulto per l’immediata perdita di tutti i privilegi in conseguenza alla morte del loro capopolo e, le autorità spagnole, temendo l’infuriare di una nuova sommossa, ordinarono di assecondare tutte le manifestazioni di devozione verso il capopopolo assassinato.

Il cardinale Filomarino, supplicato di celebrare i funerali, scrisse al papa:

«Da questo incidente del pane n’è risultato, che dove la morte del Masaniello non era stata sentita più che tanto, né avea fatta grande impressione negli animi de’ suoi seguaci (perché con la sua pazzia s’era reso a tutti esoso); il mercoledì l’incominciarono a piangere, a sospirare, esaltare e preconizzare; e desiderando la sua sepoltura, di cui prima non si curavano, vennero a chiedermela in grazia, timorosi che per gli uffici fatti io non fossi per concedercela; ma gliela concedei di buona voglia, e prontamente.

Il 18 luglio il corteo funebre, uscito dalla Basilica del Carmine, era seguito da decine di migliaia di persone, mentre da tutte le finestre venivano esposte coperte e lumi come tributo d’onore e, dopo aver attraversato via Toledo, passando di fronte al Palazzo Reale, il viceré ordinò di abbassare le bandiere spagnole in segno di lutto.

Finita la processione, fu data sepoltura al feretro nella Basilica del Carmine, dove i resti di Masaniello rimasero fino al 1799 ma, Ferdinando IV di Borbone, dopo aver avuto ragione dei rivoluzionari della Repubblica Napoletana, ne ordinò la rimozione e la dispersione allo scopo di cancellare il ricordo di ogni opposizione al potere regio.

La moglie Bernardina, la sorella Grazia e la madre Antonia fuggirono a Gaeta, dove le ultime due furono uccise e Bernardina, risparmiata perché incinta, tornò a Napoli dove, ridotta alla più assoluta povertà, fu costretta a prostituirsi in un vicolo del Borgo Sant’Antonio Abate.

Qui venne più volte picchiata e derubata per sfregio dai soldati spagnoli suoi clienti, morì di peste durante l’epidemia del 1656.

COSA RESTA OGGI

A Masaniello sono state intitolate centinaia di strade e piazze in diverse città italiane ma, proprio a Napoli, nessuna fino agli anni settanta.

In realtà esisteva una via Masaniello proprio a sud di piazza del Mercato, aperta nel 1877, ma la strada fu cancellata dalla costruzione del palazzo Ottieri, imponente casermone frutto degli anni della speculazione edilizia, sorto nel 1958.

A Masaniello fu comunque in seguito dedicata la piccola piazzetta proprio ai piedi del palazzo Ottieri, riottenendo grosso modo il luogo originario.

Nella Basilica del Carmine, oltre all’iscrizione sull’antico luogo di sepoltura, è ancora presente una statua del capopopolo nel chiostro.

La fontana di piazza del Mercato, dalla quale si dice Masaniello arringasse la folla, fu acquistata nel 1812 dal Comune di Cerreto Sannita ed è oggi situata nella piazza centrale del paese.

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