I percorsi obliqui di Napoli

“Non è piana non è verticale
è una linea che sale in collina
è una strada che parte dal mare
il percorso della città obliqua.

Scale mobili sotto la luna
diagonali e passaggi segreti
un cammino che esiste da sempre
il tesoro della città antica…”

Queste sono le prime strofe della stupenda canzone “La città obliqua” del mitico cantante partenopeo Edoardo Bennato.

In effetti la città di Napoli non è percorsa solo da strade piane ma la sua morfologia ha fatto si che in ogni quartiere esistesse almeno un dislivello da superare imponendo così il dover costruire scalinate, rampe, salite che, dopo tanti secoli, sono diventate opere d’arte da includere nei migliori itinerari turistici.


Quando ci si addentra per queste “opere di architettura”, sembra quasi transitare nel cuore della città, piccole scale che sembrano entrare nei bassi, sottopassare piccoli ponticelli, attraversare antichi fondaci e cortili, oppure le vedi arrampicarsi sui fianchi delle colline offrendo agli occhi di chi le percorre un panorama stupendo del golfo e della città millenaria che aiuta a tornare con la mente secoli indietro.

In città vi sono oltre 200 scalinate e gradinate che congiungono le colline con il centro e la costa, ma perché questo tipo di collegamento è diventata, per Napoli, una caratteristica quasi unica nel suo genere?

La città aveva, nei tempi addietro, un ottimo sistema di difesa non solo grazie alle sue mura possenti e sapientemente progettate, ma anche per la scelta della sua posizione strategica ai piedi di colline che formavano una ottima corona difensiva.

Da queste colline erano numerosi i rivoli che vi defluivano attraversando tutta la città per sfociare nel mare quando ancora questo arrivava a lambire quello che ora è corso Umberto e in tutta la rientranza che forma attualmente piazza municipio.

Nel tempo la città ebbe esigenza di espandersi anche sulle colline circostanti e crebbe quindi il bisogno di creare delle vie di comunicazioni, per la città, dai villaggi agricoli sorti sui rilievi del Vomero, di Capodimonte, dell’Arenella e di Capodichino, per dar modo ai contadini di portare i loro prodotti, in maniera veloce e agevole, ai mercati cittadini, ma anche per collegare comodamente, le varie strutture aristocratiche e monumentali, soprattutto religiose come monasteri, ritiri, chiese, ecc.

I primi collegamenti tra le diverse quote, furono formati dalle scalinate che sfruttavano i percorsi gia segnati dai rivoli esistenti indicando i passaggi piu agevoli, con il risultato che tutt’oggi molte di loro, vengono considerate dei veri e propri capolavori urbanistici.

Le prime importanti “creazioni” risalgono al XVI secolo ed interessarono la zona di Montecalvario con i “Gradoni di Chiaia” i quali ebbero il compito di agevolare la salita sulla Collina delle Mortelle; e le “Rampe Brancaccio” che collegarono le Mortelle con la zona adiacente, congiungendosi anche con le scale del Petraio.

Tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII, anche la zona dell’Arenella fu interessata alla costruzione di numerose scalinate e, dopo la nascita di via Salvator Rosa, in un primo momento denominata “strada dell’Infrascata”, molte rampe furono realizzate per congiungerla alla collina del Vomero.

Infine, ulteriori rampe vennero costruite e consolidate nei secoli a venire, fino agli inizi del 1900; ne sono un esempio quelle della zona dei Miracoli, della Salita Miradois e soprattutto il Moiariello, la cosiddetta “Posillipo dei Poveri”.

Molte altre scale sono scomparse, interrate e/o trasformate in discese carrabili per dar maggior viabilità alle carrozze e, in un secondo momento, anche al traffico automobilistico, e quindi vengono ricordate solo in antichi dipinti delle vedute di Napoli.

Fortunatamente oltre quelle gia mensionate, che sono le piu rinomate e forse le più artistiche, sono tante quelle minori sopravvissute e oggi, come allora, rappresentano una fondamentale caratteristica dell’urbanistica napoletana.

Tra le tante, è bene ricordare la “Pedamentina” ,che dal XIV secolo forma un complesso sistema di discese gradinate che con i suoi 414 scalini collega la Certosa di San Martino al Corso Vittorio Emanuele.

Essa fu piu volte dotata di sistemi di difesa contro chi inttendeva assediare Castel Sant’Elmo.

Altre rinomate sono le “Rampe del Petraio” che prendono il loro nome dalla natura estremamente pietrosa del territorio su cui sono state create.

Le loro origini vanno tra il XVI-XVII secolo e furono costruite per collegare il Vomero al “nuovo” quartiere di Chiaia.

Esse iniziano dal Corso Vittorio Emanuele, nei pressi del Complesso monastico di Suor Orsola Benincasa e si inerpicano fino a giungere non distanti dalla Certosa di San Martino.

Poi vi è la calata San Francesco che inizia da via Belvedere e termina in via Torquato Tasso per poi continuare fino al Corso Vittorio Emanuele con il nome di Salita Tasso.

In un primo momento, nel 1775, nel suo percorso vi era anche via Arco Mirelli, da cui si arrivava al mare della riviera di Chiaia, prima che venisse trasformato in una semplice discesa.

Inizialmente chiamata “La grande via che discende a Chiaia”, venne sostituito dal toponimo “San Francesco degli Scarioni all’Arco Mirelli”.

Piu scalinate collegavano e collegano tuttora la Certosa di San Martino al centro della città, e tra queste vi è anche La salita Cacciottoli il cui nome proviene dalla villa della famiglia Cacciuttoli del XVII secolo, esistente in loco.

La scalinata suddetta passa anche sotto il ponte di via Girolamo Santacroce e di Corso Vittorio Emanuele, entrambe di epoca precedente.

E ancora, “il Moiariello”, che ricorda una misura contadina poiché attraversa quei tratti della collina di Capodimonte che comprende la zona che va dall’Orto Botanico in via Foria, al Real Bosco, tra giardini, orti urbani e Parchi, e che viene considerato ancora il polmone verde della città.

E infine ricordiamo l’esistenza di altre scale minori di cui vale la pena mensionare:

– la Scalinata di vico Santa Maria delle Grazie al tondo di Capodimonte, vicino l’ingresso di porta Piccola del bosco di Capodimonte.
– Via Cupa Vecchia in piazza San Leonardo al Vomero,
– Le scale in vico Bernardo Celentano tra via Santa Teresa e il quartiere Sanità.
– Le scale di Montesanto che affiancano la funicolare.
– I gradini Paradiso sempre a Montesanto ora attrezzati da scale mobile ma mai andate in funzione.
-Il “Pendino Santa Barbara” che dai Banchi Nuovi dietro Santa Chiara arrivano a piazza Borsa ed anticamente formava una discesa a mare.
– Calata Santi Cosma e Damiano tra piazza Borsa e Mezzocannone.
– Salita Villanova su a Posillipo.
– Gradini Capodimonte contornati dai giardini della principessa Iolanda.
– Scala San Pasquale che dai Quartieri Spagnoli arrivano al corso Vittorio Emanuele.
– Gradini Francesco D’Andrea, di fianco al palazzo Mannajuolo come fantastico arredo a via Filangieri.
– Scalinata di via Alessandro Telesino dette Scale di Marruccella a Materdei.

 















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