Un piccolo cantiere navale alla Riviera di Chiaia

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Colori caldi è un panorama a noi molto caro in questo vecchio dipinto in cui distinguiamo, da sinistra in alto, il colossale complesso della “Scuola Militare Nunziatella” sul promontorio di Pizzofalcone.

Sull’estremitá di Pizzofalcone, costruita molto prima del complesso militare e prima civile abitazione sul promontorio, esiste ancora il fabbricato oggi occupato dalla caserma Nino Bixio e che fu il palazzo dei Carafa del 1512.

Il belvedere di Monte Echia con il Gran Quartiere di Pizzofalcone a sinistra ed il Palazzo Carafa di Santa Severina sulla destra

Acquistato nel 1651 dal Viceré conte di Ognatte per trasferirvi la guarnigione spagnola , spostandola dai Quartieri dove era continua fonte di disordini e nell’occasione, i famosi giardini del palazzo furono aboliti per aumentare lo spazio abitativo.

Giù da Pizzofalcone, sulla strada del Chiatamone, si intravede un piccolo boschetto, probabilmente sarà parte della “Regia Casina” appartenuta nel ‘700 al principe di Francavilla, che la rese famosa organizzandovi feste per nobili libertini.

Napoli, Chiatamone – Visione dal mare della Villa Francavilla (palazzo giallo; ex Casina Reale) con il bosco sulla sinistra.

Alla morte del principe di Francavilla questa passò direttamente nelle mani dei Borbone ma lo spirito delle feste non cambiò per nulla anzi a queste si aggiunse la provocante Lady Hamiltn con le sue “attitudes”, dando luogo a danze e spettacoli succinti da far perdere la testa all’intera corte napoletana, re e regina compresi.

 

Con l’unità d’Italia la casina venne regalata da Giuseppe Garibaldi al romanziere Alessandro Dumas (padre), come ringraziamento per il supporto datogli durante la sua spedizione, infatti dopo aver saputo “dei Mille”, decise di rifornire i garibaldini di armi e vettovaglie.

Oggi della “Casina” resta ben poca cosa, nel ‘900 subisce continui stravolgimenti strutturali e passaggi di proprietà, albergo gestito prima dalla famiglia Washinghton e poi dagli Hassler, sede della facoltà di Economia e Commerci della Federico II ed infine, dopo il trasferimento di quest’ultima a Monte Sant’Angelo, semplice condominio.

Sempre con riferimento al primo dipinto arriviamo al mare dove Castel dell’Ovo, con la sua esistenza bimillenaria, è testimone dell’intera storia della nostra città.

 

Il “Castel dell’Ovo” in una stampa del 1841

Sempre con riferimento allo stesso dipinto, una immagine strana in primo piano,  la costruzione di una barca un po’ più grande di una semplice imbarcazione di pescatori, vicino si nota un gruppo di persone che sembra stiano discutendo del progetto del piccolo naviglio.

Ci troviamo sulla riviera di Chiaia, regno incontrastato fino al secolo XIX dei suoi pescatori che, a quanto pare, erano attrezzati anche di piccoli cantieri navali per la costruzione di barche da pesca.

 

La Riviera di Chiaia da un dipinto di Antonio Pitloo del 1820

La posizione, seguendo indicativamente la prospettiva dell’artista e lasciandogli un margine di fantasia, potrebbe essere tra la rotonda Diaz e piazza Vittoria e, se vogliamo sbilanciarci con la fantasia, potremmo anche pensare di essere sull’isolotto ormai perduto di “san Leonardo”, infatti al largo della riviera di Chiaia, al centro della sua estensione, poche decine di metri al largo della linea di costa, esisteva già intorno all’anno mille, questo piccolo isolotto, disabitato ma probabilmente già utilizzato come approdo per piccole barche di pescatori.

Ma intorno al 1780, Ferdinando IV di Borbone decise di realizzare un grande giardino pubblico, la Villa reale, e quello che ancora restava dell’Isolotto ormai quasi scomparso per sedimentazione naturale, sparì del tutto sacrificato in nome dei lavori di completamento di quella che oggi è nota come Villa Comunale, in via Caracciolo.

 

Antonio Joli – Napoli, spiaggia di Chiaia con Isolotto di San Leonardo, Riviera di Chiaia e la Torretta – 1755

Al suo posto fu aperta la “loggetta a mare”, che dalla Villa si protendeva nel mare in forma di arco schiacciato ai lati e allungato. Là dove c’era la loggetta, e quindi l’Isolotto, ora c’è la Rotonda Diaz.

L’area odierna inquadrata nel primo dipinto

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