Il castello Aselmayer, un castello inglese nella Napoli bene

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Vi racconterò di una piccola parentesi britannica in pieno contesto napoletano ma, come mio solito, partirò da molto lontano perché una città millenaria come Napoli non può essere spiegata in poche parole.

Oggi, percorrendo la tangenziale, quando il traffico lo permette, si puo attraversare Napoli da Fuorigrotta a Capodichino in pochi minuti grazie a strategici ponti e gallerie che ne riducono i tempi di percorrenza.

Si dirà…grazie alle tecnologie moderne, da una parte è vero ma, a Napoli, le tecnologie hanno sempre anticipato i tempi, e non è solo quella attuale la prima tangenziale urbana in Italia, ma eravamo i primi già anche 150 anni fa’.

Corso Vittorio Emanuele al suo incrocio con Via Pontano. Inizi ‘900

Precisamente il 31 maggio del 1853 Ferdinando II di Borbone, stabiliva alcune indicazioni in materia di tutela paesaggistica per la costruzione di una nuova strada, il Corso Vittorio Emanuele che, a pieno titolo, diventò la “Tangenziale” ottocentesca con l’intento di poter avere un asse viario che mettesse in diretto collegamento due parti della città poste agli antipodi e, soprattutto, la città bassa col quartiere del Vomero.

Corso Vittorio Emanuele ad altezza degli alberghi Britannique e Parker’s, con tram n° 6 per piazza Dante

Inizialmente chiamata Corso Maria Teresa in onore della regina, fu tracciata il 6 aprile 1853 e il primo tratto fu inaugurato il 28 maggio dello stesso anno.

Dalla tecnologia costruttiva d’avanguardia napoletana, alla fantasia costruttiva di chi, da Napoli, veniva stimolato a creare fantastici manufatti al di fuori del normale, il passo è breve.

Ancora oggi, camminando per il corso Vittorio Emanuele, passando per l’incrocio ad altezza di via del Parco Margherita, il cui semaforo sembra messo lì apposta per costringere tutti a fermarsi ad ammirarlo, è impossibile non far caso al  Castello Aselmayer, splendida quanto insolita architettura.

 

La sua costruzione risulta una combinazione di elementi dell’architettura gotica inglese e, tra altre caratteristiche, presenta torri sporgenti in modo da dare al castello una impronta di carattere medievale, oltre ad evidenti elementi “elisabettiani” e “Tudoriani”.

Inoltre meritano annotazione anche i materiali utilizzati per edificare il castello, infatti, la facciata è rivestita interamente da bugne in pietra vesuviana, mentre gli interni (soffitti, pavimenti, pareti, scale, porte) sono tutti in legno.

L’edificio fu eretto nel 1902 come residenza personale dello stesso ideatore Lamont Young ma due anni dopo fu venduto al banchiere Carlo Aselmeyer, quando lo stesso Young si trasferì sull’isola della Gaiola.

L’idea dell’architetto era quella di costruire un albergo che dominasse la città; a sue spese acquistò i terreni e iniziò la costruzione di questo edificio, cambiando più volte in corso d’opera l’idea inziale ampliando e modificando il progetto originale.

Il palazzo per essere strano in effetti è strano, un castello medievale di stile inglese abbarbicato alla roccia in pieno centro, bello forse, o forse no, qualcuno lo trova di gusto quantomeno discutibile. Sicuramente, gusti personali a parte, è un edificio che vale la pena conoscere meglio.

Purtroppo negli ultimi anni gli ambienti interni sono stati man mano sempre più frazionati, costituendo diversi appartamenti privati, non visitabili.

 

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