Militari americani sotto il ponte di Chiaia

Anno 1943, gli alleati sono appena entrati a Napoli grazie anche alla rivolta del popolo napoletano contro l’occupazione tedesca durante le eroiche 4 giornate. Nella foto le macerie del bombardamento su via Chiaia ad altezza del ponte rimasto miracolosamente integro.

Anno 1943, un camion carico di soldati americani provenienti da piazza del Plebiscito e diretti a via dei mille, ha appena attraversato il Ponte di Chiaia (1)(2) rimasto miracolosamente integro dopo le centinaia di incursioni aeree che sventrarono Napoli in tutti i quartieri cittadini.

La foto in bianco e nero mostra via Chiaia colpita da uno dei tanti bombardamenti (1)(2)(3) che subì Napoli durante il periodo bellico e i detriti dei palazzi crollati occupano ancora quasi per intero la carreggiata che dovrà essere liberata per il passaggio dei mezzi militari.

I napoletani osservano il loro passaggio che segna la fine dell’epoca più tragica tra quelle moderne, nella città di Napoli, ma quante sofferenze, lutti e tragedie costò la liberazione.

Napoli, durante la seconda guerra mondiale si trovò ad essere un obiettivo strategico importantissimo durante la guerra navale nel Mediterraneo e ancora di più nel 1943.

Il porto di Napoli era il principale porto italiano per le rotte verso l’Africa, e importante era anche la presenza della flotta militare, che nel porto trovava ulteriori spazi che le mancavano a Taranto e La Spezia.

La città si trovò anche ad essere la prima grande città di fronte agli Anglo-americani nella loro risalita lungo la penisola, prima e durante lo sbarco di Salerno.

Il primo bombardamento aereo a Napoli si ebbe il 1º novembre 1940 e colpì soprattutto la zona industriale orientale (a causa della presenza nel quartiere di riserve di carburante e di raffinerie) e le zone limitrofe alla stazione di Napoli.

   Successivi bombardamenti si concentrarono sui Granili e San Giovanni a Teduccio e, ad occidente, su Bagnoli e Pozzuoli.

L’incursione seguente si ebbe la sera dell’8 gennaio 1941, durò circa tre ore e produsse danni, oltre che nella zona portuale, anche nella zona di corso Lucci e al Borgo Loreto.

Con le successive vennero distrutte la raffineria di via delle Brecce e la stazione centrale, il porto e le fabbriche principali, mentre un altro raid provocò molte vittime civili per il crollo di un palazzo su un rifugio in Piazza Concordia.

Nel 1942 si passò dal bombardamento strategico, destinato principalmente agli obiettivi militari, ai bombardamenti a tappeto, fatti con bombardieri pesanti, distribuiti pressoché uniformemente su tutta la città e con molte più vittime civili; lo scopo era anche quello di fiaccare il morale della popolazione e indurla all’esasperazione e possibilmente alla rivolta.

Il 4 dicembre 1942 fu il primo bombardamento a cui parteciparono anche gli americani e fu anche il primo bombardamento a tappeto sulla città, tra tanti bersagli furono colpiti case, chiese, ospedali, uffici, il palazzo delle poste, via Monteoliveto (1)(2) e la zona di Porta Nolana (1).

Pochi giorni dopo, in un nuovo attacco fu completamente distrutto l’ospedale Loreto e solo in questo attacco ci furono circa 900 morti.

Ma il più grave fu quello delle 16.45, un attacco terribile, inimmaginabile, la gente venne colpita da una valanga di bombe mentre si trovava ignara nelle strade, nelle case, negli uffici, mentre accudiva alle proprie faccende, venne colpita senza capire che cosa stava accadendo”.

Due tram carichi di passeggeri furono centrati a via Monteoliveto e saltarono in aria col loro carico umano provocando anche il crollo di un’ala della Posta centrale che travolse numerose persone.

La zona portuale fu devastata, a porta Nolana furono colpiti due fabbricati, alla fine i morti ufficialmente erano 359, più oltre trecento feriti, ma diversi cadaveri furono estratti, spesso a brandelli, nei giorni successivi.

Nel frattempo le incursioni diventavano sempre più frequenti e, a partire dall’11 gennaio del 1943 divennero addirittura giornaliere con la nuova tattica, dopo il bombardamento, di scendere a bassa quota per mitragliare la popolazione inerme che fuggiva nelle strade.

Il 21 febbraio, con un’incursione ricordata come la strage di via Duomo, venne devastata tutta la zona del decumano maggiore, mentre nel mese di marzo vennero colpite le zone del Carmine, di via Pignasecca (1), Piazza Cavour (1), e Capodimonte (1).

Nello stesso periodo, il 21 marzo si ebbe l’esplosione della motonave Caterina Costa, che da sola provocò oltre 600 morti e 3000 feriti.

Nel mese di aprile vennero colpite le zone di Corso Garibaldi, via Depretis (1), via Medina (1), Piazza Amedeo, Parco Margherita, via Morghen.

Ancora più pesante fu il bombardamento del 4 agosto, effettuato da oltre 400 “Fortezze Volanti” B17 e nel quale venne distrutta la trecentesca basilica di Santa Chiara, atto che oggi appare inspiegabile da un punto di vista tattico, mentre il 6 settembre, ad armistizio già firmato, si ebbe paradossalmente l’incursione più lunga in assoluto sulla città di Napoli.

Ma dopo il 1943, con l’avvicendamento dell’occupazione americana a quella tedesca, le cose non migliorarono ancora, la città era infatti ora diventata retroguardia della “linea Gustav” e dovette quindi subire nuovi bombardamenti, anche se meno frequenti, da parte dell’aviazione tedesca.

Tra queste, la più pesante fu quella della notte tra il 14 e il 15 marzo del 1944, che provocò circa 300 morti.