L’Orto Botanico di Napoli e il suo contesto storico

L’ORTO BOTANICO DI NAPOLI, DA UNA IDEA DI RE FERDINANDO MA REALIZZATO DA GIUSEPPE BONAPARTE NEL DECENNIO FRANCESE

Nel 1799, con “l’avventura” della repubblica napoletana, i francesi vollero “francesizzare” napoli, cercando di penetrare nell’ossatura del popolo provando a creare nelle loro menti lo stesso spirito social-rivoluzionario che invadeva allora la Francia.

Fu un totale fallimento poiché il fervore durò solo 6 mesi e provocò migliaia di morti sia nella fazione pro-francese che in quella anti-francese e mettendo l’uno contro l’altro individui dello stesso popolo.

Fallita la “copertura popolare”, dopo 6 anni i francesi tornarono alla carica, questa volta non con la spinta espansiva delle loro idee rivoluzionarie, ma in seguito ad ambizioni di potere di un rampante generale francese.

Le ambizioni di Napoleone Bonaparte non si fermarono alla sola Francia, ma tutta l’Europa, compresa l’Italia, diventò suo territoro di conquista.

E Napoli, il 30 marzo 1806, cadde sotto i colpi de ” le grande Armée” venendo instaurata una monarchia napoleonica con Giuseppe Bonaparte come sovrano.

Da quel momento, iniziò il cosiddetto Decennio francese nella città partenopea.

Furono solo 10 anni ma, in questo relativo breve periodo, i sovrani francesi scelsero di non essere colonizzatori e oppressori, ma si fecero promotori, prima Giuseppe Bonaparte e poi Gioacchino Murat, di grandi riforme soprattutto in ambito amministrativo e civile beneficiando la città di grandi lavori ed importanti opere pubbliche.

Bonaparte governò sul nostro Mezzogiorno solo per due anni, in quanto venne chiamato dal fratello Napoleone a sedere sul trono di Spagna, dopodiché gli successe il cognato Gioacchino Murat.

Tra le opere pubbliche più importanti di re Bonaparte, che diede ancora più lustro alla città di Napoli allora una delle più grandi capitali d’Europa, fu l’Orto Botanico, realizzato da un’idea concepita in precedenza da Ferdinando IV di Borbone e la cui attuazione fu impedita dai moti rivoluzionari del 1799.

Il decreto di fondazione di questa struttura reca la data del 28 dicembre 1807 e la firma di Re Giuseppe Bonaparte; furono espropriati terreni di proprietà in parte dei Religiosi di S. Maria della Pace e in parte dell’Ospedale della Cava, adiacenti l’Albergo dei Poveri e già individuati nel periodo borbonico per la realizzazione del Real Orto Botanico.

Nella sua realizzazione fu riconosciuta la funzione di istruzione pubblica e della moltiplicazione delle spezie utili alla salute, all’agricoltura e all’industria. Già da questo è possibile desumere gli elementi di modernità della fondazione dell’Orto partenopeo, che sin dalle origini si sarebbe distinto per la molteplicità delle funzioni svolte e per il patrimonio vegetale diversificato.

L’ingresso principale fu individuato su via Foria e fu realizzata una facciata monumentale il cui stile fu uniformato a quello dell’adiacente Albergo dei Poveri.

Dal 1860 fino a fine secolo furono arricchite le collezioni portando il numero delle specie vegetali coltivate, a circa 9.000, si allacciarono i rapporti con le principali istituzioni botaniche europee, facendo così conoscere ed apprezzare la struttura anche in altri paesi.

Tra le numerose attività svolte vi era la coltivazione di specie di interesse medicinale, la didattica, la pianificazione dei Siti Reali borbonici e la raccolta, la moltiplicazione e la diffusione di piante esotiche.

Agli inizi del 1900 persisteva ancora una scarsissima sensibilità delle autorità universitarie nei riguardi dell’Orto; ciò portò molti problemi di tipo economico e gestionale che diedero il via ad un lento declino della struttura.

Nonostante l’indifferenza istituzionale, venne ancora arricchito con un laghetto e due vasche per la coltivazione di piante lacustri e fu istituita, nel 1928, la “Stazione sperimentale per le piante officinali”, destinata alla coltivazione delle piante medicinali e alla loro sperimentazione.

Durante la grande guerra, le strutture in ferro furono divelte per essere destinate ad uso militare e furono introdotte su larga scala coltivazioni di legumi, patate e grano; varie volte la popolazione invase l’Orto per trovarvi rifugio e acqua.

I bombardamenti devastarono, al pari della città, anche l’Orto, ma il vero scempio fu compiuto durante l’occupazione delle truppe alleate. Il nuovo Istituto, così come parte del vecchio, fu adibito a caserma; i prati furono ricoperti con cemento o sterilizzati e utilizzati come parcheggio per gli automezzi militari; parte dell’Orto fu trasformato in campo sportivo. Nel 1947 tutta la struttura versava in uno stato di totale disfacimento.

Dal 1948 al 1959 furono ripristinati i cancelli in ferro e restaurate le serre: in particolare, alla serra riscaldata fu aggiunto un corpo avanzato corredato da una grande vasca. I prati furono liberati dalle pavimentazioni in cemento e arricchiti da essenze arboree. La “valletta”, in cui erano riunite piante alpine, fu trasformata in “filicetum”.

Dal 1963 fu possibile la costruzione di un complesso di Serre di 5000 m2. , la creazione di una rete di distribuzione idrica, interessante parte dell’Orto, si sopperì così ad una grossa carenza, infatti l’acqua era fino ad allora prelevata da un pozzo e convogliata in vasche di raccolta da cui veniva attinta manualmente, e furono acquistati alcune macchine agricole con grande vantaggio per la funzionalità del lavoro.

Agli inizi degli anni ’70 le collezioni, estremamente impoverite, furono notevolmente incrementate mediante l’acquisto di piante in diverse parti del mondo e, principalmente, grazie alla raccolta in natura di esemplari vegetali nel corso di spedizioni botaniche cui parteciparono giovani botanici italiani.

Nel 1980, la città fu colpita dal disastroso terremoto e l’Orto fu invaso per alcuni giorni dalla popolazione in cerca di rifugio e persino da mezzi corazzati che intervennero per un’emergenza riguardante l’adiacente Albergo dei Poveri. Liberato con l’ausilio della forza pubblica, l’Orto fu dotato di un servizio di sorveglianza armata, anche per arginare i continui furti perpetrati ai danni della struttura.

La meccanizzazione del lavoro continuò con l’acquisto di molti altri mezzi agricoli.

Alcune zone, ancora non bonificate dall’abbandono furono liberate dai rovi e risistemate; i prati dell’Orto, che versavano in condizioni precarie, furono reimpiantati.

L’agrumeto, ridotto a pochi esemplari della vecchia collezione impiantata verso la metà del XIX secolo, è stato arricchito con molte nuove specie del genere Citrus, e fu aggiunta la “macchia mediterranea”, una collezione delle piante più rappresentative di questa associazione vegetale.


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