Le statue equestri di piazza Plebiscito


I CAVALLI DI PIAZZA DEL PLEBISCITO

…e se vi rivelassi che parte dell’ arredo urbano e architettonico della nostra stupenda piazza del Plebiscito ha legami molto stretti con la Francia di Napoleone Bonaparte e San Giorgio a Cremano…ci credereste??

Dicendolo così a bruciapelo molti di voi resterebbero meravigliati, ma se affermo questo c’è una ragione ben precisa e per spiegarvela dovremmo fare insieme un viaggetto indietro nel tempo di almeno 200 anni.

Il nostro racconto comincia da un periodo molto triste per la storia di Napoli, era il 1799, anno in cui molti illustri napoletani “sposarono” la causa rivoluzionaria francese costituendo la “Republica Napoletana” e definendosi loro stessi “giacobini”, termine dato agli estremi difensori della nascente Repubblica Francese.

La “rivoluzione napoletana” fu una breve parentesi che durò solo 6 mesi e re Ferdinando di Borbone, dopo la breve fuga in Sicilia, ritornò sovrano a Napoli ristabilendo la sua autorità.

Ma la spinta espansiva d’oltreAlpi era, però, tutt’altro che alle sue battute conclusive ed ebbe nuovo slancio dalle ambizioni di un rampante generale francese.

Le ambizioni di potere di Napoleone Bonaparte, non si fermarono all’interno dei confini francesi ma andò oltre in tutta Europa e anche l’Italia diventò suo terreno di conquista.

Da Parigi giunse la decisione d’invadere anche Napoli e, una volta conquistata, venne instaurata una monarchia napoleonica con Giuseppe Bonaparte sovrano.

Prima sotto Giuseppe fratello di Napoleone, e dopo due anni con il cognato Gioacchino Murat, Napoli beneficiò di grandi lavori ed opere pubbliche che contribuirono a rendere la città partenopea sempre più alla pari di una grande capitale.

Sotto il regno francese, tra le opere pubbliche più importanti, menzione d’onore la merita Largo di Palazzo, oggi conosciuta come Piazza del Plebiscito

Nel Largo ancora non vi era la chiesa di San Francesco di Paola e lo spiazzo antistante il Palazzo Reale era completamente spoglio.

Per onorare il conquistatore Napoleone Bonaparte, l’insediante governo francese progettò una sua statua bronzea a cavallo, in posa imperiale, commissionando il lavoro al Canova.

L’artista trevigiano, aveva la sua fonderia di fiducia in un paese limitrofo la città partenopea, precisamente in San Giorgio a Cremano, alle porte orientali di Napoli.

Questa fonderia era situata all’interno di una prestigiosa villa vesuviana, villa Bruno, comprata agli inizi del XIX secolo dai fratelli Bruno in arte fonditori, ma di questo parleremo in seguito e per il momento non perdiamo di vista i regnanti francesi e torniamo alla ubicazione della statua equestre in largo Palazzo.

Quindi la statua, nella sua interezza, fu commissionata dai francesi al Canova che cominciò a fabbricarne il cavallo ma che, per varie vicissitudini, ritardo’ di anni l’ultimazione dell’intera statua.

Purtroppo per il Murat, il suo regno durò solo alcuni anni e la sconfitta riportata da Napoleone a Lipsia nel 1813 sancì l’inizio della fine per l’imperatore che venne deposto ed arrestato.

L’epilogo della parabola napoleonica decretò il tramonto e la fine dei vari regni che l’imperatore aveva affidato ai suoi parenti o stretti collaboratori, tra cui anche quello napoletano.

Nel 1815 il Congresso di Vienna decise di restaurare sui propri troni tutti i legittimi sovrani destituiti dal generale e imperatore francese, così anche la famiglia reale borbonica rientrava da Palermo nella capitale nel 1815, dopo 10 anni d’esilio.

Ripresosi il suo Regno, Ferdinando IV diventato nel frattempo Ferdinando I per l’annessione della Sicilia al Regno di Napoli e quindi divenuto Regno delle due Sicilie, conservò tutte le opere di miglioramento del governo francese, compreso il cavallo di Napoleone.

Ma restava un dilemma, cosa farne? distruggerlo sarebbe stato un peccato, e certo non lo avrebbe fatto cavalcare al generale francese, tantomeno restituirglielo.

Perché allora non utilizzarlo per la sua dinastia? Quale più giusta idea di farne il destriero di suo padre e completarlo con la statua del grande Carlo III di Borbone?

Ma da una idea ne scaturì un altra ancora piu geniale; va bene il padre che era l’iniziatore della dinastia regale napoletana, ma il sovrano regnante al momento era lui, quindi commissionò la costruzione di un secondo cavallo cavalcato da re Ferdinando I, entrambi sistemati sopra basamenti in marmo, e con lo sguardo rivolto verso il Palazzo Reale e, finalmente, il 1829 Largo di Palazzo ebbe le sue due statue equestri.

Come si e accennato prima, le due statue furono fuse nella fonderia di San Giorgio a Cremano e in loro memoria, all’ingresso della Villa, furono collocati due bassorilievi in finto bronzo che rappresentano due teste equine, ubicate su piedritti.

Inoltre, la via che conduce alla Villa Bruno, partendo da Piazza Massimo Troisi in San Giorgio, fu nominata via Cavalli di Bronzo, proprio in omaggio ai due cavalli, uno francese e l’altro …napoletano.

Per amor di cronaca, si racconta che dopo l’avvenuto plebiscito dell’unità d’Italia nel 1860, le due statue borboniche divennero personaggi politicamente molto ingombranti e fu decisa la loro distruzione.

Fortunatamente qualche “genio” amante della storia e dell’arte riuscì a convincere di desistere alla demolizione suggerendo, in séguito, di sostituire le due teste borboniche con quelle di Garibaldi e Vittorio Emanuele.

Fortunatamente furono dimenticate anche dalla popolazione avversa, probabilmente perché la loro posa e somiglianza da “antichi condottieri romani” fece perdere la vera memoria storica, e così l’arte fu salva.

Qualcuno afferma, inoltre, di aver sentito spiegare, da una pseudo-guida, a degli scolaretti in gita, che fossero infatti 2 imaperatori romani venuti a Napoli per liberare il nostro regno dalla oppressione borbonica…

 

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