Caruso, vita morte e…residenza.

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Vicino piazza Ottocalli, in quella strada che arriva fino a piazza Carlo III, attaccata ad un balconcino di un piccolo appartamentino, vi è questa lapide che ricorda il grande Caruso, il suo primo appartamento da ragazzo.

 

Enrico Caruso nacque a Napoli, nel quartiere di San Carlo all’Arena, in via Santi Giovanni e Paolo 7, il 25 febbraio del 1873 da padre operaio metalmeccanico e madre, Anna Baldini, donna delle pulizie.

Dopo aver frequentato le scuole regolari, a dieci anni andò a lavorare col padre in fonderia, ma sotto l’insistenza della madre si iscrisse a una scuola serale dove scoprì di essere portato per il disegno iniziando ad elaborare progetti di fontane per l’officina dove lavorava, nel frattempo cresceva in lui il talento e la sua voce.

Infatti oltre a cantare nel coro della chiesa, Enrico fece qualche apparizione in spettacoli teatrali, ed esordì con un certo successo il 15 marzo 1895 nei teatri di Caserta, Napoli e Salerno, seguita dalla sua prima esibizione all’estero, al Cairo,.

In una sua tournee conobbe il soprano Ada Botti Giachetti e con lei ebbe una relazione che durò undici anni, da cui nasceranno due figli: Rodolfo ed Enrico junior.

Ma Ada lo lasciò per fuggire con Romati, il loro autista, con il quale cercò anche di estorcergli denaro, la vicenda finì in un’aula di tribunale con la dichiarazione di colpevolezza per Giachetti, condannata a tre mesi di reclusione e a 100 lire di multa.

Nel 1901, nel suo ritorno a Napoli al Teatro San Carlo ebbe la sua più grande delusione che gli fece prendere la decisione di non cantare mai più nella sua città natale.

La causa fu la severa ma non prevenuta critica di Saverio Procida a infastidire fortemente Caruso, che gli rimproverò la scelta di un repertorio al di sotto delle sue possibilità vocali e interpretative, critiche che lo fece decidere di non cantare più né a Napoli né in nessun altro teatro in Italia, andando incontro al suo successo negli Stati Uniti e in Sudamerica.

Nel 1902 a Milano incise dieci dischi con arie d’opera, fu il primo a cimentarsi con grande successo nella nuova tecnologia, fino ad allora snobbata dagli altri cantanti cosi come fu il primo artista nella storia a vendere più di un milione di dischi

Tra il 1909 e il 1911 Caruso incise una serie di ventidue canzoni napoletane che comprendeva anche Core ‘ngrato, ispirata alle sue vicende sentimentali dopo l’abbandono da parte della Giachetti.

Dopo una lunga tournée in Nordamerica, nel 1920, la salute del tenore iniziò a peggiorare, in seguito ebbe una forte emorragia dalla gola e quando il dolore si era fatto insostenibile, gli fu diagnosticata una pleurite infetta.

Operato il 30 dicembre al polmone sinistro, trascorse la convalescenza in Italia, a Sorrento; qui fu raggiunto dal medico Giuseppe Moscati il quale fu però contattato quando ormai ben poco restava da fare.

Trasportato da Sorrento a Napoli, Caruso vi morì il 2 agosto 1921 all’età di 48 anni, assistito dalla moglie e da chi gli voleva bene.

È sepolto a Napoli, in una cappella privata nel cimitero di Santa Maria del Pianto in via Nuova del Campo (Doganella), a pochi metri dalla tomba di Antonio de Curtis, in arte Totò.

Agli ultimi giorni di vita del grande tenore si ispirò, anni dopo, Lucio Dalla; per circostanze fortuite, infatti, il cantautore bolognese si trovò ospite nella stanza dell’albergo di Sorrento dove Caruso aveva soggiornato prima di trasferirsi a Napoli, e dal racconto dei proprietari dell’albergo Dalla trasse lo spunto per comporre una delle sue più celebri canzoni, Caruso.

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