La torre campanaria del Carmine e la sua leggenda


Ascolta la narrazione:

La storia del campanile del Carmine inizia come una delle più intricate e suggestive testimonianze dell’architettura e della fede di Napoli. 

Anche se la sua costruzione iniziò contemporaneamente a quella della Basilica del Carmine, la prima volta che si fa menzione della sua presenza fu nel 1439, durante i cruenti scontri tra gli Angioini e gli Aragonesi per il dominio del Regno di Napoli. 

Quegli anni di guerre e distruzione segnarono profondamente la città, e il campanile, già allora eretto, fu testimone silenzioso di quelle vicende turbolente.

Più volte danneggiato dalle battaglie e da disastri naturali, il campanile fu ricostruito e modificato nel corso dei secoli. 

Il suo aspetto attuale prese forma nella prima metà del XVII secolo, grazie a un grande progetto iniziato dall’architetto Giovan Giacomo Di Conforto.

L’intero processo ebbe inizio nel 1615, quando una generosa offerta di 150 ducati segnò l’inizio dei lavori per i primi tre piani della struttura. 

Questi tre livelli, distinti ciascuno da uno stile classico diverso — ionico, dorico e corinzio— furono completati nel 1620, donando al campanile quella solenne bellezza che ancora oggi attira gli sguardi.

Ma la vera opera d’arte, quella che eleva il campanile a simbolo di maestosità, fu il piano ottagonale costruito nel 1622, seguito da un secondo livello nel 1627. 

Entrambi furono coronati dall’opera del domenicano Frà Giuseppe Nuvolo nel 1631, che aggiunse la caratteristica cuspide decorata con maioliche dipinte, rendendo l’edificio un vero e proprio gioiello architettonico. 

In cima, una croce in rame domina il panorama napoletano, sorretta da un globo dello stesso materiale, il cui diametro di 110 centimetri troneggia sullo skiline cittadino, come una sentinella silenziosa di fede e tradizione.

Ma il campanile del Carmine non si fa notare solo per la sua imponenza. 

È infatti sede di un complesso di cinque campane, ciascuna con una storia e un significato profondamente legato alla tradizione popolare e religiosa di Napoli. 

La loro presenza nel campanile risale a secoli addietro, e benché il numero originale sia ignoto, si sa che già nel 1500 vi erano quattro campane. 

Nel tempo, queste furono fuse e riforgiate più volte, fino a raggiungere il numero attuale.

Ogni campana ha un nome, una storia, e una collocazione precisa:

La campana di Sant’Alberto (1546) – detta anche Sant’Antonino, è la protettrice dei marinai. 

Con un diametro di 74 cm, si affaccia verso il mare, richiamando a sé le preghiere e le speranze di chi affrontava le onde.

La campana di Sant’Angelo Martire (1546) – detta anche campana del Loreto, si affaccia verso il Borgo Loreto, il suo suono si propagava per le vie del quartiere, raccogliendo la devozione del popolo. 

Ha un diametro di 86 cm.

La campana di Santa Barbara (1746) – conosciuta anche come Maria Barbara o Lavenarella, è la più pesante delle prime tre campane, con un diametro di 114 cm e un peso di 11 cantara e 40 rotoli. 

Il suo rintocco risuona nella via Lavinaio, legando la terra alla protezione celeste.

La campana di Santa Maria Maddalena dei Pazzi (1712) – detta anche Maria Maddalena Teresa, con un diametro di 128 cm, si affaccia su Piazza del Carmine. 

Questa campana, con i suoi 18 cantara e 38 rotoli, ha accompagnato molti dei momenti più importanti della vita religiosa della piazza.

La campana di Santa Maria del Carmine (1746) – detta anche Carmela, è il cuore pulsante del campanile. 

Situata al centro, con un diametro imponente di 147 cm e un peso di 23 cantara e 70 rotoli, rappresenta l’anima stessa della basilica, e il suo suono ha da sempre scandito le ore delle cerimonie più solenni.

Le campane, come tutto il campanile, hanno dovuto affrontare minacce e pericoli nel corso dei secoli. 

Durante il regno di Gioacchino Murat, il governo tentò di requisirle per fonderle e ricavare metallo per la coniazione di monete. 

Ma qui entra in gioco l’amore del popolo napoletano per le sue tradizioni: alcuni possidenti del quartiere si opposero e sborsarono di tasca propria la somma necessaria per mantenerle al loro posto. 

Anche in questo, il campanile si erge a simbolo non solo di fede, ma di resistenza, identità e appartenenza.

Così, tra leggende, battaglie e storie di devozione, il campanile del Carmine rimane una delle strutture più amate e simboliche di Napoli. 

Il suo profilo, così ben definito contro il cielo, non è soltanto un capolavoro architettonico, ma anche un testimone silenzioso di una città che ha saputo, e sa ancora, resistere e risorgere.
























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