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Un romanzo di storia, mito e pietra.
Nei vicoli del cuore antico di Napoli, si erge una fontana che da secoli, osserva immobile la vita pulsante della città.
Addossata alla chiesa di Santa Caterina della Spina Corona, la Fontana della Spinacorona, meglio nota ai napoletani come la Fontana delle Zizze”, non è solo un’opera d’arte, ma un simbolo che intreccia mito e leggenda, storia e fede.
Non è la classica sirena quella che appollaiata sulla roccia vulcanica, osserva il Vesuvio con occhi attenti e mani sapienti.
La sirena, quella figura mitologica che da sempre incarna la duplice natura di Napoli, non è ritratta qui nella sua consueta forma ibrida metà donna e metà pesce, come la vogliono le antiche leggende partenopee.
No, qui la sirena ritorna alla sua forma arcaica, quella che si credeva fosse la sua vera natura prima che la letteratura e l’arte la rendessero più piacevole alla vista.
La Partenope di questa fontana è un rapace, le sue gambe sono artigli affilati pronti a solcare le rocce del Vesuvio, e le sue braccia si trasformano in grandi ali di uccello, come a suggerire che possa volare lontano, oltre le fiamme minacciose del vulcano.
Ma è dai suoi seni, o meglio dalle sue zizze”, che sgorga l’acqua miracolosa che salva Napoli dalla furia del Vesuvio.
Due potenti getti d’acqua escono dai suoi capezzoli, placando il fuoco del vulcano e impedendo che la città venga divorata dalle fiamme.
È una scena al contempo surreale e solenne, un atto d’amore materno che rende omaggio al legame indissolubile tra Napoli e il suo vulcano, una protezione divina scolpita nella pietra.
Dietro questa sirena antica e fiera, si erge una vasca in marmo bianco, adornata con altorilievi e simboli che raccontano una storia silenziosa.
Un violino inciso sul marmo simboleggia l’irruenza del Vesuvio, come se il suono delle sue eruzioni fosse musica per la città, una sinfonia che Napoli ha imparato ad ascoltare e a temere nel corso dei secoli.
La vasca, rettangolare e solenne, con le sue ghirlande scolpite, un tempo fungeva probabilmente da lavatoio o abbeveratoio, ma oggi è un monumento che racchiude la memoria della città.
Ma la fontana non è solo mitologia.
Le sue radici affondano nella storia.
Si narra che esistesse già nel 1139, prima ancora della costruzione della chiesa di Santa Caterina, quando la zona era alimentata dalle acque del pozzo di San Marcellino, forse legato al fiume Sebeto.
Alcuni credono che fu costruita in quegli anni come un atto di devozione, un’offerta per proteggere la città dalle eruzioni vulcaniche che tra il 1138 e il 1139 minacciavano Napoli.
Due violenti episodi del Vesuvio, con incendi che durarono oltre un mese ciascuno, terrorizzarono la popolazione e spinsero a cercare nelle acque una protezione contro il fuoco.
In un’epoca in cui il confine tra realtà e mito era sottile, questa fontana rappresentava un baluardo di speranza.
La sua presenza è attestata con certezza a partire dal 1498 come parte della “Platea delle acque”, il documento che regolava la distribuzione idrica in città.
Ma fu solo nella prima metà del XVI secolo, sotto il viceré Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga, che la fontana ricevette il suo primo importante restauro ad opera dello scultore Giovanni da Nola.
In quell’occasione, lo stemma di Carlo V venne aggiunto come simbolo del potere vicereale, sancendo il legame tra Napoli e il regno spagnolo.
Nel corso dei secoli, la fontana subì numerosi restauri.
Tra il XIX e il XX secolo, durante i grandi lavori di risanamento edilizio della città, venne temporaneamente rimossa per poi essere ricollocata nel suo luogo originario.
Tuttavia fu solo nel 1920 che la fontana ricevette il restauro definitivo, e l’originale statuetta della sirena fu trasferita al Museo Nazionale di San Martino per essere preservata.
Al suo posto, nel 1931, venne collocata una copia perfetta, scolpita dallo scultore Achille d’Orsi, che continua oggi a vegliare su Napoli.
La Fontana delle Zizze non è solo un monumento, è una narrazione scolpita nella pietra, un’opera che racconta la storia di Napoli, delle sue paure e delle sue speranze, del suo legame con il Vesuvio e con il mare.
Come la sirena che spegne le fiamme con l’acqua dei suoi seni, anche la città di Napoli ha sempre trovato la forza di rinascere dalle sue ceneri, un’eterna fenice che danza tra le fiamme del vulcano e l’onde del mare.
E così, la fontana rimane lì, in silenzio, a raccontare la sua storia a chi ha la pazienza di fermarsi ad ascoltare.
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