Il potere femminile a Napoli – Le due “Giovanna”

POTERE, AMORI, INTRIGHI, QUANDO A GOVERNARE NAPOLI ERANO LE REGINE

Un racconto tra realtà e leggenda, fatto di intrighi, amori, tradimenti e violenza.:
Duecento anni di storia napoletana che hanno un fattore in comune, la sovranità napoletana di due donne, lontane nel tempo ma simili nei caratteri.

Due regine che a distanza di duecento anni, nello stesso regno, oltre a portare lo stesso nome, governano con le stesse caratteristiche che le accomuna, le rende simili, e che danno vita ad una incredibile storia che sembra fatta da un unica regia.
Di chi sto parlando? Seguite il racconto e lo scoprirete.

Prima della costruzione del Maschio Angioino, i regnanti napoletani avevano dimora in Castel Capuano, (fig.1) alle porte della Napoli greco-romana e fuori dalle sue mura, tanto e vero che per farlo “rientrare in città” fu spostata porta Capuana (l’uscita utilizzata per dirigersi in quel di Capua) allora nei pressi di via Tribunali.(fig2)

L’antica fortezza normanna venne giudicata ormai inadeguata alla funzione e il re, Carlo I d’ Angiò (da qui fortezza angioina) volle edificare un nuovo castello in prossimità del mare.

I lavori per la costruzione del Castrum Novum (chiamato anche Castelnuovo) presero il via nel 1279 per terminare appena tre anni dopo.(fig.3)

Il re tuttavia non vi dimorò mai: in seguito alla rivolta dei Vespri siciliani, che costò all’Angioino la corona di Sicilia, conquistata da Pietro III d’Aragona e ad altre vicende, la nuova reggia rimase inutilizzata fino al 1285.

Dopo questa breve prefazione…veniamo all’argomento principale.

Quando il 16 gennaio 1343 morì il re di Napoli Roberto d’Angiò, detto il Saggio, l’erede designata al trono era Giovanna, che già nel 1333, ad appena sei anni, era stata data in moglie al cugino Andrea d’Angiò, sette anni, figlio di re Carlo Roberto d’Ungheria.

Giovanna, (fig.4) prima sovrana di Napoli per diritto ereditario, ascese al trono all’età di 16 anni, mentre il marito Andrea dovette accontentarsi del titolo di duca di Calabria.

Nella notte del 18 settembre 1345, il marito Andrea fu assassinato (fig.5) nel castello angioino di Aversa, da un gruppo di congiurati. L’episodio scatenò violente reazioni da parte dei sostenitori di Andrea e gettò pesanti sospetti sulla regina stessa, che in molti indicavano come la vera artefice e mandante dell’omicidio del marito.

Per questo sospetto, la reazione del re Luigi d’Ungheria, fratello della vittima, fu violenta al punto di voler infliggere una punizione esemplare alla cognata Giovanna.

Il 3 novembre dello stesso anno il re d’Ungheria (fig.6) partì alla volta dell’Italia ma Giovanna intuì il pericolo e il 15 gennaio lasciò Napoli rifugiandosi ad Avignone, presso il papa, che le concesse il perdono e dove fu raggiunta, poche settimane dopo, dal nuovo marito Luigi di Taranto, cugino e amante.

Luigi d’Ungheria prese Napoli con estrema facilità,(ma che esercito doveva avere Napoli se un re di Ungheria decide di conquistarla e lo fa con estrema facilità?) ma la sua permanenza nei territori partenopei sarebbe durata molto poco.
Sul regno di Napoli infatti si abybatté la piaga della peste nera (fig.7) e Luigi partì in fretta dalla capitale lasciando la reggenza nelle mani di due funzionari ungheresi.

Nei mesi successivi il malcontento dei napoletani verso il governo straniero e la nostalgia per la regina esiliata crebbe fino a ricompattare i sentimenti filo-angioini del popolo e della nobiltà. Decisi a riconquistare il regno perduto, nell’agosto del 1348 Giovanna e Luigi reclutarono un esercito e tornarono a liberare Napoli.

Ma la cacciata delle milizie straniere fu più difficile del previsto e gli scontri si protrassero per molti mesi, dando al re d’Ungheria il tempo di organizzare una seconda spedizione nel sud Italia.

Raggiunta la campania nel 1350, stavolta, furono i suoi stessi soldati a reclamare la fine delle ostilità e il ritorno in patria, stanchi del lungo periodo di guerre che avevano dovuto combattere.

Negli anni successivi, la fortezza subì altri attacchi: in occasione della presa di Napoli da parte di Carlo III di Durazzo e successivamente di quella di Luigi II d’Angiò, che la sottrasse al figlio di Carlo III, Ladislao I. Quest’ultimo, riconquistato il trono nel 1399, vi abitò fino alla morte, nel 1414.

Ma un’altra donna si fa avanti sul palcoscenico regnante napoletano, e quest’ultima non è certo da meno della sua precedente, e come voler far capire che la storia non cambia, essa prende lo stesso nome, Giovanna, la seconda. (fig.8)

Giovanna II di Napoli, o Giovanna II D’Angiò Durazzo o, ancora, semplicemente Regina Giovanna è una delle figure più controverse e chiacchierate della storia napoletana. Basti solo pensare al fatto che la regina era conosciuta con nomi ben diversi dal popolo, quali: Giovanna la dissoluta, Giovanna dai cento amanti, Giovanna l’Insaziabile.

Giovanna II successe al fratello Ladislao(fig.9) e ascese al trono come ultima sovrana angioina. La regina, dipinta come una donna dissoluta, lussuriosa, sanguinaria, avrebbe ospitato nella sua alcova amanti di ogni genere ed estrazione sociale, addirittura rastrellati dai suoi emissari fra i giovani popolani di bell’aspetto. Per tutelare il suo buon nome, Giovanna non avrebbe esitato a disfarsi di loro appena soddisfatte le sue voglie. Proprio a questo proposito si è narrato per secoli che la regina disponesse, all’interno del castello, di una botola segreta: i suoi amanti, esaurito il loro compito, venivano gettati in questo pozzo e divorati da mostri marini. Secondo una leggenda sarebbe stato addirittura un coccodrillo, giunto dall’Africa fino ai sotterranei del castello dopo aver attraversato il Mediterraneo, l’artefice dell’orrenda morte degli amanti di Giovanna.(fig.10)

Tutte e due le regine sono unite da una certa disinvoltura amorosa, una grande sensualità ed una fortissima personalità. Non si diventa regine per caso, non ci si emancipa rimanendo a tessere la tela come la fedelissima Penelope. In un’epoca in cui, del resto, tutti i contrasti si risolvevano alla vecchia maniera: pugnale o veleno, Lucrezia Borgia docet.

Secondo alcuni ancora oggi, sulla Riviera di Chiaia e nei sotterranei di Castelcapuano, si sentirebbero le grida disperate degli amanti della regina folle, gettati via dopo l’amplesso regale. Come accadeva qualche millennio fa, nell’Europa della Grande Madre, quando la prostituzione era un’attività sacra e, si credeva che le donne fossero ingravidate dal gioco dei venti.

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