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Nella città di Napoli, così come in tante altre, si può ormai constatare la morte dell’eleganza urbanistica ma, fortunatamente, sono ancora in numero notevole, anche se in continua diminuzione, gli “arredi artistici” di notevole valore, che passate amministrazioni hanno sistemato, fino a pochi decenni fa, negli spazi pubblici, per rendere eleganti le nostre strade come ad esempio fontane monumentali, statue e altro.
Molte piazze che sono state da poco rinnovate e ristrutturate, non mostrano piu nulla di tutto ciò e, complice il moderno materiale usato per le costruzioni, i nostri larghi somigliano sempre piu a squallide e anonime lande desertiche.
Solo una piazza, in tutta la sua storia secolare, è sempre stata libera da impedimenti vari ed il suo spazio vuoto non è mai stato criticato negativamente e anzi era il popolo stesso che lo richiedeva poiché di quello spazio vuoto se ne faceva un grande uso.
Il “largo di Palazzo”, denominazione cara agli amanti della storia borbonica, o piazza del Plebiscito per gli “unitari”, proprio per il suo enorme spazio a disposizione, si prestava in maniera eccellente alle feste di massa e quella che più vi si svolgeva era, di gran lunga, la rappresentazione del carnevale.
Questa festività fu una delle manifestazioni più trasgressive, strategiche, violente ed imponenti della tradizione festiva partenopea.
Se prima della rivolta di Masaniello era stata la Piazza del Carmine ad accogliere il Carnevale, in seguito questa festa, per ragioni di sicurezza e di controllo, avrebbe percorso per le sfilate la Via Toledo con la coreografia dei numerosi palazzi nobiliari che esistevano lungo il percorso, mentre per le cerimonie conclusive dove arrivavano le sfilate, veniva utilizzato il “Largo di Palazzo” con la stretta sorveglianza delle truppe reali acquartierate sulla collina di Pizzofalcone.
Il Largo di Palazzo divenne così il luogo per eccellenza in cui si svolgevano le varie feste e in tali occasioni vi si organizzavano giochi e tornei, si disponevano luminarie, si preparavano fuochi di artificio, si allestivano macchine da festa e scenari effimeri, ossia costruzioni in legno e cartapesta raffiguranti templi, giardini, archi; tali apparati scenici erano tutti decorati con ogni sorta di commestibili e anche le fontane versavano acqua e vino.
Partendo dalle Fosse del Grano situate fuori la Porta Reale tra il museo e largo mercatello (piazza Dante), i carri confluivano nella piazza antistante la reggia, dove si sarebbe dato luogo alla cuccagna, una gara anche cruenta a cui partecipava il popolo per accaparrarsi vari tipi di pietanza, per andare a fermarsi poi sotto il balcone del re.
Questi carri erano strutture architettoniche e scenografiche in legno e cartapesta sempre più imponenti adornate di commestibili e di animali macellati o addirittura vivi talvolta barbaramente inchiodati alla struttura.
Ma le dimensioni sempre più crescenti dei carri, cominciarono ad essere causa di numerosi incidenti, quindi si decise di farne sfilare solo uno lungo Via Toledo, e di esporre soltanto il carro fermo davanti al palazzo reale, in attesa di essere saccheggiato dal popolo in attesa, ad un segnale del re.
A partire dal 1774 le cuccagne sarebbero state spostate solo in Largo del Castello e verso la fine del Settecento il saccheggio dei commestibili sarebbe stato soppiantato dalla distribuzione di doti a 80 povere e onorate donzelle