Una foto fantastica per quei tempi anche se la fotografia a Napoli sembra sia presente già dal lontano 1839 quando si realizzò una prima dimostrazione pubblica del procedimento al dagherrotipo, il terzo realizzato in Italia ed il primo in cui era raffigurata una persona.
Tante altre poi ne seguirono con lo sfondo la città di Napoli, in quel periodo di gran lunga la principale città italiana, la quarta d’Europa e l’unica che aveva regolari contatti con la cultura internazionale.
La foto allegata dovrebbe ritrarre il momento in cui Garibaldi e i suoi Mille sfilano per via Toledo dopo il loro trionfale ingresso nella città, quindi la foto dovrebbe risalire al 7 settembre 1860, cioè il giorno dopo in cui Francesco II abbandonò Napoli in direzione di Gaeta.
Secondo altri invece la foto ritrae i festeggiamenti in occasione di “Roma Capitale” del 1870, anno in cui Roma fu annessa al nuovo regno d’Italia e via Toledo cambiò toponomastica in onore dell’evento.
L’evento decretò la fine dello Stato Pontificio, la capitale fu trasferita da Firenze a Roma e l’anniversario fu festività nazionale fino al 1930, anno in cui fu abolita a seguito della firma dei Patti Lateranensi.
Il fotografo, per immortalare i festeggiamenti, sembra sia appostato su un tipico balconcino a spigoli arrotondati del “Palazzo Berio”, (già Palazzo Vaaz) dal nome del marchese Francesco Berio di Salsa, librettista d’opera lirica.
Il palazzo, che nei suoi primi anni di vita conteneva un salone per le feste a pianta circolare da circa 1.000 posti ed un teatro da 1.600 posti sulla cui struttura si ritiene sia stato realizzato il Teatro Augusteo ad opera di Pier Luigi Nervi, fu eretto nel XVI secolo su commissione del conte di Mola, Simone Vaaz, finanziere di origini portoghesi.
Nel primo Ottocento il palazzo era rinomato per la sua biblioteca, fra le più importanti di Napoli mentre nel 1922 parte del palazzo venne demolito per lasciar posto alla realizzazione della piazzetta Augusteo, contemporaneamente alla costruzione della Funicolare Centrale.
Di fronte invece, imbandierato a festa, si nota il palazzo del XVI secolo residenza di Domenico Barbaja, un impresario teatrale famoso nella Napoli ottocentesca e che fu anche per breve tempo abitato da Gioacchino Rossini per musicare l’Otello su libretto di Francesco Berio di Salsa.
Si racconta che il compositore pesarese fu rinchiuso nella sua camera, dopo sei mesi di ozio, dal Barbaja che lo minacciò di non farlo uscire dall’appartamento fino a quando non avesse finito di musicare l’opera.
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